
L’Italia è un Paese in continua emergenza. Un’aleatorietà di un faceto che si respira ogni giorno su una ridda di polemiche variopinte che da destra a sinistra creano un arcobaleno di dichiarazioni, di posizioni, di azioni e di distruzioni che non rappresentano null’altro che l’estrema indecisione posta alla base del futuro e della credibilità che lo Stato, il nostro Stato, vuole darsi verso di sé, verso le giovani generazioni, verso la comunità internazionale.
Il problema non è la concessione o meno di una scorta, in sé approssimativo strumento per assicurare un modello virtuale di sicurezza fisica venuto meno a Capaci. Non lo è al Sud, territorio in cui - provvidi di scorte e tutele concesse a chiunque si senta minacciato nello svolgere il proprio ruolo - ogni giorno osserviamo sfrecciare macchine blu con lampeggianti in funzione. Ma non lo fu né a Dallas per Kennedy, né assicurò l’incolumità di Sadat e così via indietro nella storia. Il rischio, la minaccia, la pericolosità di un ruolo rappresentano i dati certi nell’accettare un impegno verso di sé e verso gli altri al quale ognuno deve altrettanto rispetto e verso il quale la migliore sicurezza è data dalla prevenzione e dal contrasto puntuale al fenomeno criminale nelle sue particolari e peculiari manifestazioni, mafioso o terroristico che sia.
Scorte e tutele, in molti casi, spesso part-time, ovvero solo per gli orari d’ufficio, o per gli impegni istituzionali, e non a tutte le ore, rappresentano un modo per depotenziare il significato stesso della scorta attribuendole poco valore e determinando una minor attenzione operativa del personale preposto, convinto dell’inutilità della misura e dell’inadeguatezza dei mezzi e delle modalità di condotta. A chi non è capitato di essere minacciato una volta nella vita? A chi non è capitato di sentirsi in pericolo, anche per minacce avute dal vicino di casa o nel parcheggiare la propria autovettura? Un nemico subdolo e determinato non si arrende di fronte ad un ostacolo. Dimensiona la sua azione all’obiettivo e ne valuta gli sforzi in ragione della possibilità concreta di raggiungere il risultato, nei tempi e nei luoghi ritenuti più opportuni.
Il crollo delle Torri Gemelle ha dimostrato quanto nessuno sia completamente al sicuro da una minaccia condotta da una mano invisibile. Ma è nel rendere visibile la mano stessa che si rinviene la capacità di assicurare la sicurezza a chi opera con difficoltà. Si tutela, così, la vita dell’uno, il protetto, e la vita altrettanto importante per la comunità di ogni singolo poliziotto o carabiniere, rendendo utile il lavoro condotto soprattutto perché valorizzato dal rischio corso e dal risultato ottenuto. Eccedere in scorte, tutele e altre trovate significa sottovalutare molto spesso il pericolo reale senza dotarsi, all’occorrenza, della giusta risposta. La mancata scorta, quella vera, necessaria, crea così la vittima paradossale delle troppe scorte o tutele attribuite molto spesso alla carica e posta al servizio del protagonismo più o meno dichiarato dell’uno o dell’altro funzionario, politico, magistrato.